giovedì 21 febbraio 2013

Scelte da voi


Cari amici,
in occasione di un recente sondaggio (informale) che ho lanciato tra i miei lettori in seguito al censimento condotto da PORDENONELEGGE sui poeti under40 e che mi ha vista coinvolta, ho stilato una classifica delle 10 poesie più segnalate da voi a rappresentarmi.
Cosa ne pensate?
m.l.


1. 

ORA TERZA.
DIALOGO CON L’IO.

e volteggiano le rondini
fraseggiando a meriggio
nel vortice di ieri
che a lungo tace oggi
nel silenzio io m’accomodo

È scivolata in là
anche l’ultima ora
e tu mi guardi
spaesando gli occhi
a un altro dove
che ormai si fa
presente mentre si allontana,
in una presente assenza
che è la mia vita.

(Paesaggi di tempo, p. 
22)


2.

Il vento
trascina a stento
l’odore dei tuoi ritocchi
sulle espressioni buffe del viso
che non per artificio plastico
ma per maestria mimica
riesci a ravvivare.
A te alterno
l’umore folle
di un ritrovato abbandono
nel sorriso che porta a un’eco.
E quell’intervallo
incurva
il sentire di sentire
sulla tua schiena nuda
paesaggi di paesaggi
di tempo.
(Paesaggi di tempo, p. 41)

3.

***

So ben poco del tuo corpo
che però
sembra sapere tutto di me
Forse il tuo
non ha bisogno di essere conosciuto
mentre lo svelo.
Non capisco la voce
dell’ultimo abisso
nel quale è stato immerso
ma riesco a sentirla    (parlarla)
e voglio appartenervi.
L’altro giorno
me l’hai offerto
celato solo da un sorriso
come fosse uno spacco
una crepa nel muro
uno strappo di luce
Ed è lì
nella fessura
che ti ho scovato.
(Paesaggi di tempo, p. 
33)





4.

ORA SECONDA.
DIALOGO COL PAESAGGIO.

rughe perenni
i calanchi
raccolgono l’intervallo di tempo
fra il dire e il fare
e tu
in quello spazio immoto ancora muovi.

Lo scempio di altri paesaggi
qui
non fa eco,
non stride, non urla
tutto tace
e s’accartoccia a cielo aperto.

L’unica cosa che rimane
è lo sterco del pensiero che s’immalinconisce.
(Paesaggi di tempo, p. 20)

5.

Poi verrà un giorno
in cui torneranno le rondini
tornerà il vento tra i filari il soffio
all'orecchio per dire le rincorse e le attese
e tornerà pure il giallo della ginestra
la polvere tornerà e
quel giorno anche noi torneremo
e resteremo seduti a guardare la luce
e a godere di quel tempo senza peso
che sostiene anche quattro ossa in croce.
(Rime private, p.5) 

6.

La notte
ha posato su di te
che lieve ansimi dormendo
le sue mani di velluto
e accoglie nel suo spazio immoto
il tuo involucro che pure pare di pietra
dimentico e pago.

Il desiderio d’averti
va oltre il tempo di cercarti
oltre […] la tua corazza d’ebano
oltre anche te
e spopola il mondo che ti circonda
in un impeto che solo nel tuo risveglio
trova la pace.
(Paesaggi di tempo, p. 34)


7.

ORA QUARTA
DIALOGO CON L’ALTRO MONDO.

Parlo di cose che nessuno
intende
guardo l’altrove che nessuno
conosce

E proprio per questo
mi sento nel mondo
(Paesaggi di tempo, p. 23)

8.

Ho vissuto
in un posto
dove il vento
accarezza le
spighe secche e dorate
e il lento
scorrere del tempo
è la trama stessa
delle giornate d’estate.

Da bambini
giocavamo a
rifare il verso
al vento
scivolando lunghi
sulle arsure.

Spesso
ancor’oggi
la tenerezza
ha il suono
dello scricchiolio
degli steli mossi.

Ed è in quegl’echi sfumati
che le voci di dentro
s’acquietano un poco.
(Paesaggi di tempo, p. 26-27)


9.

Ma se un giorno tu
di me vorrai la voce
cercala lì
nel tuo incedere snello
mentre mi vieni incontro
e dove io ancora m’accomodo
e ti attendo.
(Paesaggi di tempo, p. 35)

10.

Al fianco del giorno
la battaglia continua
e prendo tempo
lo perdo
e lo riprendo
e passo di là
dove forse il dio della parola
m’accoglie
ma di lui temo l’ira per la mia
vita fuori dai versi

Un’altra bellezza vado cercando
che pure è poesia
e ha la forza di
trascinarmi lì
dove
è il puzzo
di sudore misto al pianto
che nutre la mia voce/il mio canto.
(Paesaggi di tempo, p. 40)



martedì 19 febbraio 2013

Dove sei tu luce, è il mattino



Tu eri la vita e le cose.
In te desti respiravamo
sotto il cielo che ancora è in noi.
Non pena non febbre allora,
non quest'ombra greve del giorno
affollato e diverso. O luce,
chiarezza lontana, respiro
affannoso, rivolgi gli occhi
immobili e chiari su noi.
È buio il mattino che passa
senza la luce dei tuoi occhi.

(Cesare Pavese)


lunedì 18 febbraio 2013

La ballata delle donne


Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano.


(Edoardo Sanguineti)

venerdì 15 febbraio 2013

Tre Meditazioni (1999-2001)



Meditazione 1

Talpa nella tana
seme nella zucca
isolarsi da ogni stimolo esterno
lentamente acquietare
il tirannico lampeggiare
dei cinque sensi e con la morte
fare conoscenza dolcemente.
Certo, una morte solo simulata
ma pur sempre una terra di nessuno
una non-vita: niente avversioni
niente attaccamenti – essere equanimi
impersonali – niente ambizioni
niente compiacimenti. Rimane il respiro.
Rimani con il tuo respiro, solo con quello
e Virgilio ti prenderà per mano,
ti porterà lontano in uno spazio senza tempo.
Filo rosso, linea diretta
il respiro formerà le rose di luce
che sbocciano in meditazione,
ti mostrerà la caverna di Platone
il fuoco del braciere che arde nel ventre
e lo trasmetterà alla goccia bianca
al centro della fronte, le darà
calore, liberandone il potere:
una saggezza antica come il mondo
fluisce in ogni cellula del corpo
divenuto onda di quiete profonda
estatico pozzo senza fondo.
Il sub-conscio affiorato
è illuminato da una luce piena
perfettamente tonda.

(Giugno 1999)


Meditazione 2

Un’incisione netta, verticale un “taglio”
di Fontana, «la non rappresentazione
in favore della creazione di sensazioni spaziali»
- dice in manifesto – e anche «il fatto di passare
a un altro piano dietro la tela,
per andare oltre ciò che è percepito».
Inoltre, sia Wols che Fontana
apposero a certi loro quadri
l’impronta del dito pollice
e non il nome scritto, “analfabeti”
che lanciano un segnale comprensibile
a pochi; solo a chi ha già sperimentato
nell’occhio della mente un intermittente
piccolo vortice di luce, una radiosa
fosforescenza di segmenti concentrici
identici a quelli dei nostri polpastrelli.
A volte, tra le sopracciglia
al centro della fronte, un fastidioso
turgore pulsante, come un ascesso,
un’escrescenza di unicorno, oppure,
sempre lì, ma in superficie, sulla pelle,
una vistosa fiammata di rossore.
Poi il taglio si allarga,
assume la forma di un proiettile
e ancora si trasforma, strozzandosi
a un terzo dalla cima. Avremo allora
una testina con due piccole orecchie
sopra un corpo gonfio, arrotondato.
La silhouette di una civetta?
Un gufo, una civetta visti di spalle
o, sempre di spalle, un gatto seduto?
Validi tutti. Infatti, tutti e tre
vedono al buio. Ma direi la civetta,
perché sacra ad Atena e in quanto tale,
non può che essere lei l’archetipo
dell’apertura dell’occhio della mente:
pineale funzionante, in grado di spaziare.

(Marzo 2000)


Meditazione 3
Il sacco degli scampoli

Ci sono il rumore di fondo delle voci
delle donne che si parlano in dialetto,
i ritmici colpi del ferro sul tavolo
da stiro e io seduta per terra, nel cono
di luce della lampada, ai margini del buio
di quel pomeriggio invernale – ah quella
pigna di porcellana bianca del contrappeso
e il cigolio della carrucola quando si alza
o si abbassa la luce sopra i tavolo! –
io in quel cerchio di luce, sul parquet
del guardaroba, con intorno i ritagli
di stoffa. Ci gioco. Li esamino, distinguo
cotone, seta, lino, raion. Riconosco:
quell’abito di mia madre, quella camicia
di mio padre, il mio grembiule bianco,
le stoffe pesanti delle mantovane e
quelle dei velluti e dei rasi che ricoprono
sedie e divani. La consistenza dei tessuti
al tatto, i fili dei disegni damascati
sul dritto e sul rovescio, i colori,
le forme e le dimensioni degli avanzi e
quelli a sorpresa, mai visti o mai notati,
appena estratti dalla federa stipata.
Non è un ricordo. Lì ritorno per un attimo
al termine di un ritiro di meditazione
con la percezione inequivocabile
della mia mente-bambina circondata
da luci, rumori e odori di quel guardaroba
di sessant’anni fa. E comprendo: quei ritagli
di stoffa sono la metafora di tutte le possibilità
che la vita allora mi offriva. Ora mi si apre
il cuore e si espande in gratitudine e stupore.
P.S. Francesca mi dirà poi che quei sacchi
di scampoli vengono usati pedagogicamente
in certe scuole materne: servono a stimolare
la concentrazione nei bambini.

(Aprile 2001)


Giulia Niccolai, La misura del respiro. Poesie scelte, Verona, Anterem Edizioni, “Itinera”, 2002)







mercoledì 13 febbraio 2013

Sono momenti belli: c'è silenzio.



Sono momenti belli: c'è silenzio
e il ritmo d'un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
diritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno

è questa che decide
e son dei loro
non c'è altro da dire.

E questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo colore di lamiera
sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri ai capolinea
non prolunga all'infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?

È nostro questo cielo d'acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perché sulla terra non c'è
scampo da noi nella vita.

(Elio Pagliarani, da La ragazza Carla, 1960)


martedì 12 febbraio 2013

Io sono verticale / I am vertical



Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un'aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia.

Stasera, all'infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo piu' perfetto -
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me piu' naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.

(Sylvia Plath, da Crossing the Water, 1961)


But I would rather be horizontal.
I am not a tree with my root in the soil
Sucking up minerals and motherly love
So that each March I may gleam into leaf,
Nor am I the beauty of a garden bed
Attracting my share of Ahs and spectacularly painted,
Unknowing I must soon unpetal.
Compared with me, a tree is immortal
And a flower-head not tall, but more startling,
And I want the one's longevity and the other's daring.

Tonight, in the infinitesimallight of the stars,
The trees and the flowers have been strewing their cool odors.
I walk among them, but none of them are noticing.
Sometimes I think that when I am sleeping
I must most perfectly resemble them--
Thoughts gone dim.
It is more natural to me, lying down.
Then the sky and I are in open conversation,
And I shall be useful when I lie down finally:
Then the trees may touch me for once, and the flowers have time for me.


lunedì 11 febbraio 2013

Inverno



Fili neri di pioppi
fili neri di nubi
sul cielo rosso
e questa prima erba
libera dalla neve
chiara
che fa pensare alla primavera
e guardare
se ad una svolta
nascono le primule.
Ma il ghiaccio inazzurra i sentieri
la nebbia addormenta i fossati
un lento pallore devasta
i dolori del cielo.
Scende la notte
nessun fiore è nato
è inverno anima
è inverno.

(Antonia Pozzi)


sabato 9 febbraio 2013

Quase nada / Quasi niente








O amor

é uma ave a tremer

nas mãos duma criança.

Serve-se de palavras

por ignorar

que as manhãs mais limpas

não têm voz.





L'amore

è un uccello tremante

nelle mani di un bambino.

Si serve di parole

perché ignora

che le mattine più limpide

non hanno voce. 



( Eugénio de Andrade )



giovedì 7 febbraio 2013

Mendica voce




E ancora mi azzardo ad amare
il suono della luce in un’ora morta,
il colore del tempo in un muro abbandonato.

Nel mio sguardo ho perduto tutto.
Chiedere è così lontano. Così vicino sapere che non c’è.


(Alejandra Pizarnik)

mercoledì 6 febbraio 2013

Il vento

 
 
Il vento
trascina a stento
l’odore dei tuoi ritocchi
sulle espressioni buffe del viso
che non per artificio plastico
ma per maestria mimica
riesci a ravvivare.
A te alterno
l’umore folle
di un ritrovato abbandono
nel sorriso che porta a un’eco.
E quell’intervallo
incurva
il sentire di sentire
sulla tua schiena nuda
paesaggi di paesaggi
di tempo.

 (Maria Luigia Longo, Paesaggi di Tempo, Samuele Editore)
 
 

martedì 5 febbraio 2013

Verso mattina



Sentire
soltanto il secco fruscio della manica contro la pagina,
il tenue schiocco della salda pagina bianca.
Si piega quando la piego,
ornamento di dita contorte,
la manica bianca lo risucchia.

Il cielo gelato dietro la finestra,
gli uccelli si incurvarono nelle ali
e rimasero bloccati.
Uno di loro si fuse col ramo,
coperto dalla corteccia bruna,
i pori degli occhi
socchiudero il freddo.

Non cola nulla,
le foglie ammansiscono l'aria.
Il dito di un pino argenteo
minaccia il cielo.
Continua ad esserci un grigiore impassibile,
la superficie non crepita, non penetra.

(Martina Blazekova)

lunedì 4 febbraio 2013

Funerale senza tristezza.





Questo non è esser morti,
questo è tornare
al paese, alla culla:
chiaro è il giorno
come il sorriso di una madre
che aspettava.
Campi brinati, alberi d’argento, crisantemi
biondi: le bimbe
vestite di bianco,
col velo color della brina,
la voce colore dell’acqua
ancora viva
fra terrose prode.
Le fiammelle dei ceri, naufragate
nello splendore del mattino,
dicono quel che sia
questo vanire
delle terrene cose
– dolce –,
questo tornare degli umani,
per aerei ponti
di cielo,
per candide creste di monti
sognati,
all’altra riva, ai prati
del sole.

(Antonia Pozzi, 3 dicembre 1934)


domenica 3 febbraio 2013

Come è forte il rumore dell'alba!


XXIX


Come è forte il rumore dell'alba!
Fatto di cose più che di persone.
Lo precede talvolta un fischio breve,
una voce che lieta sfida il giorno.
Ma poi nella città tutto è sommerso.
E la mia stella è quella stella scialba
mia lenta morte senza disperazione.

(Sandro Penna, Una strana gioia di vivere, 1949-1955)



sabato 2 febbraio 2013

La partenza

Ti riconosco, antico morso, ritornerai
tante volte e poi l'ultima.

Ho raccolto il mio fascio di fogli,
preparata la cartella con gli appunti,
ricordato chi non sono, chi sono,
lo schema del lavoro che non farò.
Ho salutato mia moglie che ora respira
nel sonno sempre la vita passata,
il dolore che appena le ho assopito
con imperfetta, di sé pietosa, atterrita tenerezza.
Ho scritto alcune lettere ad amici
che non mi perdonano e che non perdono.
E ora sul punto di dormire
un dolore terribile mi morde
come mille anni fa quando ero bambino
e lo chiamavo Iddio, e Iddio è questo
ago del mondo in me.

Fra poco, quando dai cortili l'aria
fuma ancora di notte e sulla città
la brezza capovolge i platani, scenderò per la via
verso la stazione dove escono gli operai.
Contro il loro fiume triste, di petti
vivo, attraverso la mobile speranza
che si ignora e resiste,
andrò verso il mio treno.

(Franco Fortini)



venerdì 1 febbraio 2013

Arte poetica



Guardare il fiume fatto di tempo e acqua
e ricordare che il tempo è un altro fiume,
sapere che ci perdiamo come il fiume
e che i visi passano come l'acqua.
Sentire che la veglia è un altro sonno
che sogna di non sognare e che la morte
che teme la nostra carne è quella morte
di ogni notte, che si chiama sonno.
Vedere nel giorno o nell'anno un simbolo
dei giorni dell'uomo e dei suoi anni,
convertire l'oltraggio degli anni
in una musica, un rumore e un simbolo.
Vedere nella morte il sonno, nel tramonto
un triste oro, tale è la poesia
che è immortale e povera. La poesia
ritorna come l'aurora e il tramonto.
A volte nella sera una faccia
ci guarda dal fondo di uno specchio;
l'arte deve essre come quello specchio
che ci rivela la nostra propria faccia.
Raccontano che Ulisse, stanco di prodigi,
pianse di amore quando scorse la sua Itaca
verde e umile. L'arte è quell'Itaca
di verde eternità, non di prodigi.
E' anche come il fiume interminabile
che passa e resta ed è specchio di uno stesso
Eraclito incostante che è lo stesso
ed è un altro, come il fiume interminabile.

(Jorge Louis Borges)