martedì 29 marzo 2016

Poesia illegittima





Quella sera che ho fatto l’amore 
mentale con te
non sono stata prudente
dopo un po’ mi si è gonfiata la mente
sappi che due notti fa
con dolorose doglie
mi è nata una poesia illegittimamente
porterà solo il mio nome
ma ha la tua aria straniera ti somiglia
mentre non sospetti niente di niente
sappi che ti è nata una figlia.


(Vivian Lamarque)

domenica 27 marzo 2016

I limoni


















Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantanoi ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rurnorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo dei cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

(Eugenio Montale, Ossi di seppia)




mercoledì 23 marzo 2016

Chiudere porte


Chiudere porte è sempre stata la mia specialità.
Prendere e andare, in un attimo. Dopo averle tentate tutte, certo. Aver riflettuto, ascoltato e detto.
E senza strascichi: una volta deciso, non ho più sentito l’eco della scelta. Anche questo fa parte, forse, dell’essere sradicati. O del vivere radicati sempre altrove.

Ricordo tutte le ultime volte, i miei ultimi sguardi ad appartamenti, luoghi e occhi.
Porto con me le ultime parole. E le seppellisco in me, se hanno fatto male, o le sguaino come spade all’occorrenza, se mi hanno fatto bene, coperto, protetto.
Le parole “giuste” mi aiutano a definire i perché, a dire basta senza rimpianto, costruiscono la scelta migliore e mi dicono che lo strappo è necessario e aprirà un’età migliore. Le parole.
E le parole giuste le ho sempre trovare. E hanno sempre permesso che io le pronunciassi, anche nella fine. Questo è amore. Anche nella fine, col rispetto di ciò che ho da dire. Perché quello che ho da dire è quello che sono.
 Questo è il metro: le parole.
ml

lunedì 21 marzo 2016

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA: 21 MARZO 2016



Per questo, oggi, affido i miei pensieri ai versi notissimi di Aldo Palazzeschi, Chi sono?, contenuta nella terza raccolta poetica del giovane Palazzeschi, “Poemi”, che uscì a Firenze nel 1909.


Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell'anima mia:
follia.

Son dunque un pittore? 
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell'anima mia:
malinconia

Un musico, allora? 
Nemmeno.
Non c'è che una nota
nella tastiera dell'anima mia: 
nostalgia

Son dunque... che cosa? 
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente. 

Chi sono? 
Il saltimbanco dell'anima mia.






venerdì 18 marzo 2016

quando dormo col sole


Quando dormo col sole
tra le mani
la luna veglia
il sonno indifeso
dalle ombre della notte.
Muove l’aria dolce
solo l’imene
di una farfalla
inquieta.


(Alberto Casiraghy, PulcinoElefante - foto di Michela Magni)

Se tu mi dimentichi


Voglio che tu sappia
una cosa.
Tu sai com’è questa cosa:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l’impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se ciò che esiste
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m’attendono.

Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d’amarti poco a poco.
"Se d’improvviso
mi dimentichi,
non cercarmi,
chè già ti avrò dimenticata"

Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
Che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi sulla riva
del cuore in cui ho le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell’ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.

Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne né si dimentica,
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscire dalle mie.


(Pablo Neruda)

giovedì 17 marzo 2016

Più che puoi




Se non puoi farla come vuoi, la vita,
sforzati almeno più che puoi
di non prostituirla
nei contatti eccessivi con la gente,
con i gesti eccessivi e le parole.

Non la prostituire col portarla
troppo sovente in giro, con l’esporla
ai commerci e alle pratiche
della dissennatezza quotidiana
finché diventi estranea ed importuna.



(Costantino Kavafis, Traduzione di Nicola Crocetti)

domenica 13 marzo 2016

Estate e libertà



Morde la pelle
un'eco di risacca:
sogno perenne.

(Maria Luigia Longo, haiku per gioco)

Museo



Guarda come riposa,
come regna il coltello
nella vetrina
senza la mano del soldato.

Come rimane uguale, la statua.
Dalla fronte bombata, dalle ombre
di questa guancia di legno,
senti com’è lontano
il modello.

Come vorrei anch’io
spegnermi nella luce
della cosa che resta,
essere stato.

(Umberto Fiori)

Gli altri sono troppi, per me


Gli altri sono troppi, per me. 
Ho un cuore eremita. Sono
impastata di silenzio e di vento. 
Sono antica. 
Mi pento ogni volta che vado
lontano dal mio stare lento
nelle velocità della sera, nelle auto schizzate
di pianto. Col loro buio abitacolo. 
E se sfreccio a volte 
sulla modesta moto, è per cantare 
a gola stesa l'ultimo del paradiso 
fare il mio guizzo pericoloso 
con tutto quel vento nel petto 
seminare parole beate 
nel panorama nervoso.

(Mariangela Gualtieri, da Acqua rotta)

venerdì 11 marzo 2016

Ti dedico una poesia




Chi mi scrive?!? Non è affrancata. È senza mittente. È anonimo anche il foglio all'interno...
È una poesia.Non la conosco, non l'ho mai letta, forse non è famosa…
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Ti dedico una poesia

Una rima per il tuo sorriso,

per i tuoi occhi cinici e scaltri
e per i tuoi modi gentili.
Al ricordo di quegli attimi passati insieme,
nascosti nel silenzio e nella reciproca voglia
di ricevere e trasmettere emozioni.
Liberi da ogni coinvolgimento amoroso.

Ti dedico più tempo di quel che credi.
Nei meandri…
        
     (Il resto nella prossima lettera. Non strapparmi, ti prego!)

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(Un po’ patetico questo “ti prego”). E’ anonima. “Al ricordo di quegli attimi passati insieme…”, be’, allora siamo stati insieme. Mmm, forse no, perché dopo dice “Liberi da ogni coinvolgimento amoroso…”. Una storiella, in pratica. Non so … se non l’ho amato allora vuol dire che non siamo stati insieme. Boh.
Ma che sarà mai… Forse Enrico: ultimamente ci siamo avvicinati parecchio e una volta ci siamo anche baciati. No, lui non mi sembra proprio il tipo che scrive poesie. Allora chi? “Al ricordo di quegli attimi passati insieme…”, “Nella reciproca voglia di ricevere e trasmettere emozioni”. E se fosse Guido? Ieri sera è stato bello stare con lui. Mah, chissà se scrive poesie. Be’, l’occhio profondo da poeta un po’ ce l’ha, oltretutto mi ha recitato dei versi di Whitman. No, se avesse voluto baciarmi l’avrebbe certamente fatto ieri, e poi dicono che è un ragazzo che va dritto al sodo e non si abbandona a queste romanticherie. Credo di essere proprio fuori strada.  Sto tralasciando anche la possibilità che potrebbe essere uno scherzo. Stefano ha fatto una cosa del genere l’anno scorso a quella racchia della III D  solo per farla montare. Boh! La busta è assolutamente normale: bianca; e il foglio è un foglio di quaderno a righi. Quel furbastro ha usato anche la macchina da scrivere, così non posso neanche riconoscere la sua grafia. Forse perché orrenda. Forse è particolare. Chi del gruppo ha la macchina da scrivere? Oscar ce l’ha, Ivan … pure, Andrea anche, Lena… aah, praticamente tutti. Ma non credo sia uno del gruppo, ormai lo sanno con loro non voglio storie d’amore o altro e poi forse ancora non sanno che io e Michele ci siamo lasciati. E se fosse Ugo! No, no, lui sembra più il tipo da telefono. Be’, chi se ne frega…
Esco. Vado da Ida. E poi passo a salutare la nonna, visto che abitano a pochi metri l’una dall’altra.

(Maria Luigia Longo, da La voce di un'adolescente, Inedito, Prose/Cantiere )


domenica 6 marzo 2016

Andare



Si accetta lo strappo
dell’andare divangando
altrove, senza che questo
risulti un retrocedere
rispetto a quello che
di noi sappiamo e non sappiamo.

Nel prendere il fiato si avanza
e il tempo smette di sostare
oltre il dovuto in uno stesso
luogo.


(Maria Luigia Longo, Andare, Istanti all'infinito, 5 marzo 2016)


sabato 5 marzo 2016

Io non so se la solitudine, se quello



Io non so se la solitudine, se quello
strazio chiamato solitudine, se quell’andare
via dei corpi cari, se quel restare soli
dei vivi, io non so se quel lamento della
solitudine, se quel portarci via le facce
se quel loro sparire
di facce che avevamo dentro il respiro, non so
se il dono sia questo portarci via le
carezze, questa slacciatura.
E’ poco il poco che so e di questo
poco io chiedo perdono. Io chiedo
perdono per quello che so, perdono io chiedo
per tutto quello che so.

(Mariangela Gualtieri – tratto da Parsifal, in Fuoco centrale e altre poesie per il teatro)

Come al solito anche oggi sono sola in casa


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Come al solito anche oggi sono sola in casa. Chissà che fine farà questa famiglia.
Drinn!! Ddrrinn!!! Il telefono? Fino a qualche mese fa quando squillava il telefono facevamo la gara per rispondere prima degli altri, ma adesso che corro a fare?
Pronto?
Sì, sono io. Chi è? Ugo?? Ugo... ma se ci siamo lasciati dieci minuti fa?!
- Volevo vedere se riconoscevi la mia voce a telefono -.
Ma certo che ti riconosco, scemo. Come perché la riconosco? (E adesso che gli dico!?). Perché... ehm… perché hai una voce caratteristica. Come Com’è? (Uffa...). È…ehm… bella... intelligente.. calda e molto sensuale. (Chissà adesso che pensa...).      Se mi piace?? Sì che mi piace. Sì che me la ricorderò. Sì, per sempre. (Ma tu guarda che tizio!).

E la mia? Com’è la mia voce? Preferisce dirmelo di persona, a voce. Mmmm…Va bene. Stasera? No, stasera ho già un altro impegno che non posso disdire. Ugo, chiamami domani, ok? Ciao.
Chissà se mi chiamerà spesso.

E adesso ho proprio voglia di un bel piatto di spaghetti col ragù di carne.

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Ho di nuovo in mente quel motivetto blues.
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Chissà che fine ha fatto Ida. È un periodo che sta facendo un casino di errori. Si sta spersonalizzando, mi sembra. Magari dopo la chiamo. Eh sì che non mi darà mai ascolto, ormai contano per lei più gli altri di me. Lei è una di quelle persone dalle quali mi sento presa per il culo, non nel senso che lo fa, ma nel senso che se lo facesse non mi difenderei. Accidenti a lei! No, non la chiamo più. Tanto più che adesso le è nato un altro mito: Guido.
Questo ragù sa un po’ di vecchio, chissà quanto tempo fa l’hanno preparato. Da domani andrò a stare anch’io dalla nonna, almeno è sicuro che qualcosa mangio. Il vantaggio di stare da soli sta nel fatto che puoi fare tutto il cavolo che ti pare, ma io questo l’ho ho sempre avuto, perché tanto loro litigano ogni cinque minuti e ho sempre agito a modo mio. Però prima almeno mangiavo.
Mi sa che sono pure dimagrita di tre-quattro chili, neanche se stessi facendo lo sciopero della fame...
Almeno le bistecche sono buone. E anche l'insalata.
Sandra è tornata dagli Stati Uniti e non si è fatta ancora sentire. Sarà passata più di una settimana e, non si è fatta vedere neanche al Centro né al pub. Omar adesso sta con un' altra e sembra essere anche molto felice e lei non la prese molto bene…del resto stavano insieme da due anni... forse è per questo che non si fa viva... be', però poteva almeno farmi una telefonata. Oh, guarda, c'è posta.


(Maria Luigia Longo, da La voce di un'adolescente, Inedito, Prose/Cantiere )

martedì 1 marzo 2016

Neanche Ida è venuta






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Neanche Ida è venuta. Chissà perché! Forse ieri sera ha fatto molto tardi e sicuramente sarà tornata a casa strafatta, speriamo solo di musica, ma è impossibile...
Guido invece c’è. E ci sono tutti gli altri.
Vorrei chiedergli un passaggio per tornare a casa, ma mi dà un po' fastidio pensare che possa fraintendere... poi, dopo ieri notte... Boh, forse rovinerebbe tutto. Tutto cosa? Tutto…ehm…tutto... uhm… tutta l'atmosfera. Be', allora lo chiedo ad Oscar, lui è sempre disponibile.
Ma che vuole Michele? Cosa vuole. È da stamattina che continua a fissarmi e a non togliermi gli occhi di dosso.
Sarà ritornato all'attacco?!!
Ma perché da me gli uomini non si scollano mai??
Chi mi chiama.
Ah, quello della stazione... Roberto o Matteo… no, ma come cavolo si chiama…ah, già…Ugo!
Hallo!! (alla maniera dei centralinisti americani...). Il suo solito ciao diretto, pacato, fisso su di me.
È vestito in maniera elegante e tutta quest’eleganza gli sta proprio a pennello. Sì, mi piace proprio! Sono piacevolmente stupita e un po’ emozionata. Leggermente. Lo guardo a lungo e mi piace farlo dritto negli occhi e sorridergli di compiacimento.
Ha un buon dopobarba. Mi accarezza, quasi furtivamente, le braccia nude mentre parla, quasi come se rubasse o strappasse la carezza al tempo più che a me. È dolce.
Certo che accetto un passaggio a casa.
Guida piano. Mi chiede se può chiamarmi qualche volta. Sì, certo. Perché?
Perché, dice, ha avuto una fascinazione, perché mi trova interessante e diversa. E perché ha voglia di me. Panico...
Come fai ad avere voglia di me se mi conosci da pochissimo? Perché ti penso spesso e voglio…vorrei…conoscerti meglio. È  per questo che ho voglia di te (con annesso sguardo da latin lover esperto e conseguente mio panico…). Va bene. (Ma non sperare in un lieto fine, cocco, non ho voglia di squallide storielle tutte sesso e non so cos'altro). Il mio numero di telefono? 7530128. Va bene qui, accosta a destra... sono arrivata... Il mio palazzo è questo verde acqua. Ciao, grazie... a presto.
Che tizio!


(Maria Luigia Longo, da La voce di un'adolescente, Inedito, Prose/Cantiere )