domenica 28 agosto 2016

San Martino del Carso


In questi giorni i versi che seguono mi paiono ancora più attuali e capaci di dar voce, loro soli, a quello che sento.


Valloncello dell'Albero Isolato 27 agosto 1916


Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

E’ il mio cuore
il paese più straziato

(Giuseppe Ungaretti, L'Allegria)

venerdì 26 agosto 2016

Tocco la tua bocca



Tocco la tua bocca, con un dito tocco il bordo della tua bocca, comincio a disegnarla come se uscisse dalla mia mano, come se per la prima volta la tua bocca si aprisse, e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, faccio nascere ogni volta la bocca che desidero, la bocca che la mia mano ha scelto e ti disegna sulla faccia, una bocca scelta tra tutte, con la sovrana libertà che scelgo per disegnarla con la mia mano sulla tua faccia, e che, per un azzardo che non cerco di comprendere, coincide esattamente con la tua bocca che sorride sotto quella che la mia mano ti sta disegnando.

Mi guardi, da vicino mi guardi, sempre più da vicino e allora giochiamo a fare il ciclope, ci guardiamo tanto da vicino che i nostri occhi si allargano, si attaccano tra di loro, si sovrappongono e i ciclopi si guardano, respirano confusi, le bocche s’incontrano e lottano nel tepore, si mordono con le labbra, appoggiano appena la lingua tra i denti, giocano nei loro recinti là dove un’aria pesante va e viene col suo profumo antico e il suo silenzio. Allora le mie mani cercano di immergersi nei tuoi capelli, di accarezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre noi ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranze oscure. E se ci addentiamo, il dolore è dolce, e se affoghiamo in un breve e terribile assorbirsi dell’alito, quell’istantanea morte è bella. E c’è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, e io ti sento tremare su di me come una luna nell’acqua.

(Julio Cortázar, da Rayuela, Trad M Fernàndez)

mercoledì 24 agosto 2016

Adeus / Addio



ADEUS

Como se houvesse uma tempestade
escurecendo os teus cabelos,
ou se preferes, a minha boca nos teus olhos,
carregada de flor e dos teus dedos;

como se houvesse uma criança cega
aos tropeções dentro de ti,
eu falei em neve, e tu calavas
a voz onde contigo me perdi.

Como se a noite viesse e te levasse,
eu era só fome o que sentia;
digo-te adeus, como se não voltasse
ao país onde o teu corpo principia.

Como se houvesse nuvens sobre nuvens,
e sobre as nuvens mar perfeito,
ou se preferes, a tua boca clara
singrando largamente no meu peito.


ADDIO

Come se ci fosse una tempesta
a scurire i tuoi capelli,
o se preferisci, la mia bocca nei tuoi occhi,
carica di fiore e delle tue dita;

come se ci fosse un bambino cieco
a inciampare dentro di te,
ho parlato di neve, e tu trattenevi
la voce in cui con te mi persi.

Come se la notte venisse e ti portasse,
era fame l'unica cosa che sentivo;
ti dico addio, come se non tornassi
al paese in cui il tuo corpo inizia.
Come se ci fossero nuvole su nuvole,
e sulle nuvole mare perfetto,
o se preferisci, la tua bocca pura
ad avanzare largamente nel mio petto. 


(Eugenio de Andrade) 

lunedì 22 agosto 2016

Lisbon Revisited



Nulla mi lega a nulla.
Voglio cinquanta cose allo stesso tempo.
Bramo con un’angoscia di fame di carne
quel che non so cosa sia –
definitamente l’indefinito…
Dormo irrequieto e vivo in un irrequieto sognare
di chi dorme irrequieto, mezzo sognando.

Mi hanno chiuso tutte le porte astratte e necessarie,
Hanno abbassato le tende dal di dentro di ogni ipotesi che avrei potuto vedere dalla via.
Non c’è nel vicolo trovato il numero di porta che mi hanno dato.

Mi sono svegliato alla stessa vita a cui mi ero addormentato.
Perfino i miei eserciti sognati sono stati sconfitti.
Perfino i miei sogni si sono sentiti falsi nell’essere sognati.
Perfino la vita solo desiderata mi stanca; perfino questa vita…

Comprendo a intervalli sconnessi;
scrivo a intervalli di stanchezza;
e perfino un tedio del tedio mi getta sulla spiaggia.

Non so quale destino o futuro compete alla mia angoscia disalberata;
non so quali isole del Sud impossibile mi aspettano naufrago;
o quali palmeti di letteratura mi daranno almeno un verso.

No, non so né questo né altro né niente…
E in fondo al mio spirito, dove sogno quel che sognai,
nelle estreme pianure dell’anima, ove ricordo senza motivo
(il passato è una nebbia naturale di lacrime false),
nelle strade, nei sentieri di remote foreste
ove ho supposto il mio essere,
fuggono in rotta, ultimi resti
dell’illusione finale,
i miei sognati eserciti, sconfitti senza essere esistiti,
le mie coorti ancora da esistere, sgominate in Dio.

Un’altra volta ti rivedo,
città della mia infanzia paurosamente perduta…
città triste e lieta, un’altra volta sogno qui…
Io? Ma sono lo stesso che qui è vissuto, e qui è tornato,
e qui è tornato a tornare, e a ritornare.
E qui di nuovo sono tornato a tornare?
O siamo tutti gli Io che sono stato qui o sono stati,
una serie di chicchi-enti legati da un filo-memoria,
una serie di sogni di me, di qualcuno fuori di me?

Un’altra volta ti rivedo,
col cuore più lontano, l’anima meno mia.
Un’altra volta ti rivedo – Lisbona e Tago e tutto – passeggero inutile di te e di me,
straniero qui come in ogni parte,
casuale nella vita come nell’anima,
fantasma errante in sale di ricordi,
al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano
nel castello maledetto di dover vivere…

Un’altra volta ti rivedo,
ombra che passa attraverso ombre, e brilla
un momento a una funebre luce sconosciuta,
e penetra nella notte come una scia di nave si perde
nell’acqua che cessa di udirsi…

Un’altra volta ti rivedo,
ma, ahi, me non rivedo!
S‘è rotto lo specchio magico in cui mi rivedevo identico,
e in ogni frammento fatidico vedo solo un pezzo di me – un pezzo di te e di me!…


(Alvaro de Campos - eteronimo di Fernando Pessoa)

giovedì 18 agosto 2016

Escrevo / Scrivo



ESCREVO

Escreto já com a noite
em casa. Escrevo
sobre a manhã em que escutava
o rumor da cal ou do lume,
e eras tu somente
a dizer o meu nome.
Escrevo para levar à boca
o sabor da primeira
boca que beijei a tremer.
Escrevo para subir
às fontes.
E voltar a nascer.


SCRIVO

Scrivo già con la notte
in casa. Scrivo
sulla mattina in cui ascoltavo
il rumore della calce o del fuoco,
e eri tu soltanto
a dire il mio nome.
Scrivo per portare alla bocca
il sapore della prima
bocca che baciai tremante.
Scrivo per arrivare
alle origini.
E tornare a nascere.

(Eugénio de Andrade) 

sabato 13 agosto 2016

Stare





E’ come se tutto il tempo
fosse passato
e poco importa
dove sia andato.
Siamo il resto sul tavolo
del bar che con le parole
che hai scartocciato 
fa cifra pari
e le nostre tasche sono piene 
del detto
e non c'importa dell’ultimo sonno
dei giusti,
che pure è andato.
Così certe volte l’avverto
nei crepacci dei sensi
il mistero di essere qua.

(Maria Luigia Longo, Stare, Istanti all'infinito, Poesie/Cantiere-2016)


venerdì 12 agosto 2016

"Contare le parole" - acquisti


Cari amici,
segnalo che per l'acquisto di una o più copie di Contare le parole basta, per ora, andare sul sito dell'editore Transeuropa

Dal 10 settembre sarà disponibile nelle librerie on line (ad esempio Amazon).

Da ottobre invece il libro sarà ordinabile in libreria.

Per chi ne volesse invece una copia autografata e fare due chiacchiere, può contattare direttamente me oppure partecipare alle prossime letture pubbliche (di cui darò notizia su questo blog).









Quel luogo / Esse lugar



ESSE LUGAR

Na zona húmida da terra
junto ao mar junto a um rio
junto
à fonte abstracta das metáforas
ou debaixo da língua
na zona mais húmida da boca
onde germina o verbo o cuspo o canto
nas zonas húmidas do corpo
por onde corre o sangue o mênstruo o esperma
na zona mais húmida
onde às vezes se sente o suor do espírito
no pântano de dentro
junto ao lago mais secreto
esse lugar remoto onde tudo é líquido e húmido
e húmus
e onde a boca de Deus se fecha e abre
e dela sai a tinta da palavra
com que tudo se escreve e tudo
acaba.


QUEL LUOGO

Nell’umida zona della terra
presso il mare presso un fiume
presso
l’astratta sorgente delle metafore
o sotto la lingua
nella zona più umida della bocca
dove germinano verbo e sputo e canto
nelle zone umide del corpo
dove scorre sangue e mestruo e sperma
nella zona più umida
dove si sente talvolta lo spirito sudare
nel pantano del dentro
presso il lago più occulto
quel luogo distante dove tutto è umido e liquido
e humus
e dove la bocca di Dio si chiude e si schiude
e ne conosci il colore della parola
con cui tutto si scrive e tutto
finisce.

(Manuel Alegre)


giovedì 11 agosto 2016